Lo scrigno dei ricordi
Qualche tempo fa ho ritrovato, in un vecchio scatolone impolverato, delle vecchie foto e delle lettere che mi aveva scritto la mia prima ragazza più di vent’anni fa. Mi sono sorpreso nell’osservare le varie emozioni che sentivo nel rileggere quelle vecchie parole e scoprire che io non ero più la stessa persona e che anche lei, probabilmente, oggi sarà diventata molto diversa da allora e in quel momento non c’era più tanta rabbia ma solamente un senso di gratitudine per aver vissuto quell’esperienza.
Siamo l’unica specie che una volta subita una ferita passa più tempo a guardare la ferita, rimuginando sul passato, invece di occuparsi della sua guarigione guardando avanti verso il futuro. Gli animali si leccano le ferite e vanno avanti, facendo attenzione ai “nemici” naturali e aggregandosi con i propri simili noi, spesso, dobbiamo fare attenzione anche ai nostri simili perché non ci fidiamo più degli altri. Ci isoliamo e ci chiudiamo in noi stessi.
Non ci si fida più di nessuno quando non ci si fida di se stessi.
L’importanza della ferita
Lo psicoanalista James Hillman scrive, in Psicologia Alchemica:
È curioso, come siamo fissati sulle nostre ferite. La psicologia parla di traumi, ha inventato la teoria traumatica della nevrosi e del disturbo post-traumatico da stress. Il dolore ci implica direttamente nel corpo, e il dolore psichico ci implica nel corpo psichico. Siamo sempre soggetti al dolore, di modo che gli eventi dolorosi, come i traumi infantili, le violenze e gli stupri, ci costringano a prendere atto della nostra soggettività.
Secondo Hillman i traumi infantili sono momenti di iniziazione al senso di essere un “noi” dotati di una interiorità personale e soggettiva. Tendiamo a fissarci su cosa ci è stato fatto e sulla persona che l’ha fatto coltivando risentimento e desiderio di vendetta. Ma per la psiche ciò che conta, ci insegna lo psicoanalista, è che qualcosa sia stato fatto per la nostra trasformazione.
Come nei riti di iniziazione, quando la cenere viene strofinata sulle ferite per purificare e scarificare, l’anima è segnata dal suo trauma. Nel battesimo cristiano si usa ancora toccare il corpo con il sale e nella Pasqua ebraica viene mangiato del sale a commemorazione del trauma. Il trauma è un giacimento di sale, e un luogo fisso per riflettere sulla natura e sul valore del mio essere personale, di dove ha origine la memoria e dove ha inizio lo sguardo retrospettivo sulla storia personale. Questi eventi traumatici fanno nascere nell’anima il senso di essersi incarnata come vulnerabile soggetto di esperienze.
L’archetipo del guaritore
Jung utilizzò l’archetipo del guaritore ferito per sottolineare la presenza contemporanea della forza e della vulnerabilità nella psiche umana. Non si può diventare forti senza aver sperimentato la condizione di debolezza e fragilità. Questo archetipo viene associato al racconto del centauro Chirone, personaggio della mitologia greca, la cui storia narra di come, dopo essere stato attaccato durante una battaglia, egli subì una ferita incurabile nonostante le proprie conoscenze in campo medico.
L’intera vita del centauro sembrava condannata a subire una sofferenza senza fine a causa della sua immortalità fin quando Zeus, per compassione, lo salvò permettendogli di donare la propria immortalità al titano Prometeo. Colui che rubò il fuoco agli Dei per donarlo agli uomini.
La cura del Centauro
Chirone avviò un profondo percorso di conoscenza di se stesso entrando della propria sofferenza e nella ricerca di un rimedio efficace che lo portò ad entrare in contatto con varie erbe medicinali e possibili soluzioni che, prima della sua morte, lasciò agli altri come deposito di conoscenze “sacre” alle quali attingere.
La vulnerabilità fa parte della nostra natura ed è inevitabile farsi del male. E’ impossibile non venire mai feriti o non ferire gli altri ma l’importante è rialzarsi ogni volta più saggi e consapevoli di prima. In fondo quando arriverà la morte e dovremo attraversare, come canta Battiato, “la porta dello spavento supremo” non avremo sicuramente guarito tutte le nostre ferite ma almeno avremo vissuto delle esperienze e in quelle esperienze, come dice Hillman, “faremo Anima”.
Conclusione
Noi non siamo più quelli di ieri come non lo sono gli altri. E’ un’illusione credere che esista continuità tra la persona del passato e quella attuale perché la psiche si rinnova continuamente. Lasciamo andare il passato e accendiamo la luce della consapevolezza con la nostra presenza mentale e la capacità di amare noi stessi e questa vita sul percorso della nostra trasformazione interiore.
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